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mercoledì 17 marzo 2010

SESTO INCONTRO


Domenica 28 febbraio 2010, Berlino
c/o 91mQ Art project space


Partecipanti: Rebecca Agnes, Alex Barchiesi, Elena Bellantoni, Enrico Bressan, Augusto Buzzegoli, Valeria Cademartori, Mario Consiglio, Valentina De Luca, Luis De Matos, Bruno Di Lecce, Federica Di Venuta, Eleonora Farina, Marco Giani, Davide Iocose, Nicolas Manenti, Stefania Migliorati, Manuel Perna, Christian Sciascia, Giulia Sepe, Serena Vestrucci, Tatiana Villani.

Premesse all'incontro:
Dal comunicato stampa diffuso per l'occasione: "riteniamo di avere l'obbligo morale di riunirci, per capire insieme quali sono state le esigenze che ci hanno spinto a trasferirci a Berlino, cosa non ci piace del sistema dell'arte italiano, con quale occhio lo guardiamo e come vorremmo contribuire." Proprio noi che siamo residenti in "un Paese che (a detta di molti) è all'avanguardia nel campo dell'arte, e della cultura più in generale." Vogliamo quindi discutere insieme "cercando di offrire il nostro contributo, la nostra specificità, le nostre riflessioni."
Appesi ai muri dello spazio, i partecipanti hanno avuto a disposizione i documenti necessari alla conversazione: appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, risposta della Presidenza della Repubblica a firma di Luois Godart, carta etica formulata da Ada – network non profit per le arti contemporanee, lettera redatta in occasione delle nomine del direttore al Castello di Rivoli, report degli incontri precedenti tenutisi in Italia e, a chiudere, lettera "Perché non firmo" presentata da uno dei fondatori di 91mQ.

Riflessione introduttiva:
L'incontro è stato caratterizzato da una forte necessità di confronto tra persone che non si conoscevano. Gli interessati (la maggior parte artisti) hanno preso parte al pomeriggio portando nella conversazione grande passione per il lavoro che fanno e per il ruolo sociale che ricoprono, voglia di condividere e di 'fare gruppo' (prima di tutto qui a Berlino; in assonanza con quanto emerso nell'incontro di Genova), idee fresche e pragmatiche (forse tipiche di chi, lasciata l'Italia, si è gettato alle spalle anche un certo tipo di immobilismo diffuso ma elitario allo stesso tempo). Tra gli intervenuti è emerso un sentire comune riguardo le diverse problematiche affrontate, nonostante le differenze di età e di esperienze vissute in Germania. La richiesta fondamentale di creare - quale primo step - un network a Berlino è sembrata una risposta alla sentita esigenza di non trincerarsi dietro l'alibi di aspettare che la nostra Nazione cambi per cominciare a cambiare noi.
Tutte queste componenti messe insieme hanno reso il pomeriggio piacevole e, speriamo, ripetibile.

Iniziando:
L'incontro ha preso il via da una breve introduzione sulle motivazioni che hanno generato l'iniziativa e sulle diverse fasi che l'hanno caratterizzata finora ed è andato poi avanti con la lettura di alcuni punti focali della carta etica presentata da Ada - il documento ritenuto più significativo, quello che meglio riassume le riflessioni fatte fino a questo momento dagli altri gruppi di lavoro in Italia.
In questa fase introduttiva è stato inoltre ricordato l'invito dell'Ambasciata d'Italia a Berlino, in collaborazione con il rispettivo Istituto di Cultura, organizzato il giorno precedente l'incontro (sabato 27 febbraio) presso i suoi spazi: circa quaranta sono stati infatti gli artisti italiani chiamati ad esporre le proprie opere (in seguito da acquisire) nei prossimi mesi all'interno dei suddetti spazi. Iniziativa accolta da molti in modo positivo, perché ha reso evidente l'interesse di un'istituzione italiana all'estero di crearsi punto di riferimento per i propri cittadini e di supportare, anche economicamente, il lavoro di questi in un altro paese.

Riferimenti istituzionali:
I partecipanti hanno sottolineato l'importanza di avere in Italia istituzioni che, come qui a Berlino, diano appoggio alle singole persone (artisti, critici, curatori etc.) nonché ai nuovi spazi emergenti. Questo per venire incontro al forte bisogno di informazioni - in primis burocratiche ed amministrative, ma poi anche di carattere più generale. A tale proposito si è ricordato il sito internet Artquest in Gran Bretagna, il quale mette a disposizione notizie pratiche per aiutare chicchessia in campo artistico. Risolvere prima di tutto questi tipi di necessità 'personali' è stata infatti la risposta avanzata di fronte all'aggravarsi di un malcostume che riguarda la sfera artistica come anche quella culturale più in generale e - dulcis in fundo - sociale e politica. Cercare di mobilitarsi dal cosiddetto 'basso' è la medesima esigenza emersa dall'incontro di Torino, nel quale la figura dell'artista era stata posta al centro del dibattito. Un ente di riferimento istituzionale - trasparente, come è stato sottolineato più volte! - è sembrata quindi la risposta più calzante alla problematica emersa.
Tale ente di riferimento dovrebbe prima di tutto effettuare il riconoscimento individuale dell'artista (e di tutte le persone che lavorano nel campo dell'arte) nel suo ruolo sociale. In Italia c'è un chiaro pregiudizio intellettuale verso l'associazionismo promosso da artisti e non da curatori: e questo è anche quanto dibattuto nell'incontro Art Swap Europe tenutosi proprio a Berlino nell'ottobre 2008. Gli 'art run space' in Germania sono numerosissimi e si formano soprattutto all'interno di giganteschi palazzi industriali stipati di atelier. E' chiaro che nella capitale tedesca l'iniziativa individuale riesce a sopravvivere anche grazie al bassissimo costo della vita; è pur vero però che in Germania gli artisti sono riconosciuti grazie a coperture sociali quali la Künstler Krankenkasse (assicurazione sanitaria per artisti). In Italia la sensazione che si prova è quella di un evidente e totale isolamento. A questo punto è stata ricordata l'importante funzione sociale che ricopre un'istituzione quale il Kunst-Werke di Berlino e, al contrario, la poca risonanza e attrattiva che suscita la Fabbrica del Vapore a Milano. Non si potrebbe chiedere di più a quest'ultima?
Viene in conclusione presentato l'esempio concreto del BBK (Berufsverband bildender Künstler, ovvero l'Associazione di categoria degli Artisti Visivi), un ente legato all'Universität der Künste (l'Accademia di Belle Arti) il quale organizza incontri di formazione e laboratori per artisti, gestisce una newsletter quotidiana, elargisce borse di studio e atelier privati e dà infine supporto pubblicitario, legislativo, burocratico. Si tratta quindi di un'istituzione che mette in circolo soldi attraverso un complesso apparato burocratico (tipicamente teutonico) che però, a differenza di quello italiano, non si perde in un mero castello kafkiano ma che al contrario porta finanziamenti e benefici ai più. Un modello simile è quello che si suggerisce di esportare rispettando, chiaramente, tutte le specificità del nostro Paese.

(De)centralizzazione:
Punto focale della discussione è stato quello della fattibilità delle proposte emerse finora negli altri incontri. Senza nulla togliere alla buona fede e alla bontà delle idee presentate in Italia, il gruppo di lavoro si è però chiesto quanto sia realistico formare una commissione centrale, nazionale che risulti essere super partes nelle bagarre italiote. Si è  quindi insinuato il dubbio della necessità di decentralizzazione - in una realtà così varia quale quella del Bel Paese - con un adeguato controllo da parte dello Stato. Su questo argomento la discussione è rimasta aperta.
Quale esempio contingente una dei partecipanti ha portato quello della Sicilia, la regione che riceve più finanziamenti provenienti dalla Comunità Europea che però non riesce a utilizzare in modo adeguato. Secondo lei è quindi questo il punto di partenza, affinché ad esempio, attraverso una burocrazia locale più onesta, un annuale festival estivo quale quello di Kals'art a Palermo (con strutture costruite per l'occasione) divenga un vero punto di riferimento nel panorama culturale cittadino, per una riqualificazione del territorio. Analogo discorso può essere fatto, sempre a Palermo, per il quartiere della Zisa, dove pare che si dovrà aprire un'ulteriore sede del Guggenheim Museum.
Riguardo a questa tematica si suggerisce quale comportamento qualificante quello di avere - come succede in Germania - un Kunstverein per ogni città/regione, una galleria per ogni quartiere. Una cultura artistica diffusa è quella che ad esempio si è venuta a creare a Berlino nell'area di Wedding, dove la formazione della Kolonie Wedding (comprendente gallerie commerciali, spazi no profit, atelier di artisti etc.) è stata favorevolmente supportata dal governo cittadino perché ritenuta un modello valido e positivo di rinascita di un bellissimo quartiere per decenni abbandonato e quindi ad alto rischio per la città stessa. Se già solo la cosiddetta 'legge del 2%' (legge introdotta ormai nel Ventennio fascista!) venisse rispettata e applicata, gran parte delle nostre città sarebbe in una situazione artistica, e sociale, decisamente migliore.

Spazio fisico e mentale:
Gli artisti italiani residenti a Berlino rivendicano la tranquillità (fisica e mentale) di portare avanti il proprio lavoro in modo adeguato e qualificato. Come si ricordava già in precedenza, la città non offre solo uno stile di vita low cost ma offre soprattutto il riconoscimento del lavoro artistico da parte della società. Ciò è chiaramente legato ad una mentalità politica che quindi (paradossalmente!) rende i principi della carta etica proponibili e fattibili in una realtà quale quella tedesca più che in quella italiana. Poiché si riconosce che in Italia la maggior parte del tempo di lavoro di un artista viene speso per mantenere quei rapporti inter-personali che (sappiamo bene!) a volte rischiano di diventare più importanti del lavoro stesso, è evidente che la meritocrazia risulta essere un concetto ottimo ma difficilmente realizzabile. Il sistema tedesco è un modello che premia, e infatti i suoi artisti sono quelli messi maggiormente in luce nel mondo dell'arte globale. Ma questa stessa meritocrazia (che si lega inevitabilmente alla trasparenza del lavoro delle istituzioni) è un miraggio nella mentalità lavorativa italiana. Ed è questa la vera, triste differenza.

Un occhio esterno:
Un artista portoghese ha preso parte in modo acuto all'incontro; forse proprio il suo sguardo esterno ha reso l'intervento degno di nota. Ha infatti evidenziato che la differenza dell'Italia rispetto ad altre nazioni è nel fatto che fuori dai confini nazionali l'arte è considerata dallo Stato elemento fondamentale. In Italia e in Portogallo, invece, l'arte viene realizzata con il mero scopo di 'fare soldi' e, di conseguenza, non rientra in un sistema ampio di educazione. Prima di tutto bisogna quindi lavorare su una crescita politica delle persone. La domanda alla quale si deve pretendere risposta è "qual è la politica culturale di uno stato?", poiché l'arte deve essere prima di tutto sociale, si deve insediare in ogni quartiere, in ogni periferia. La cultura ha infatti un valore che deve essere preservato, in primo luogo per l'Italia e per gli italiani. L'arte sociale è quindi delle persone e per le persone.

La provocazione finale:
Uno dei fondatori di 91mQ, facendo riferimento alla lettera da lui proposta "Perché non firmo", ha rinnovato il dibattito sulla funzione della meritocrazia in Italia. Secondo la maggior parte dei partecipanti è infatti proprio la burocrazia meritocratica del nostro Paese quella che fa portare avanti sempre le stesse persone. L'arte non può avere dei criteri oggettivi; i finanziamenti dovrebbero quindi avvenire secondo criteri anti-meritocratici, ossia 'per diritto'.

Cosa fare:
Nel corso dell'incontro sono emerse numerose proposte su come rendere operativo il pomeriggio trascorso insieme. Qui brevemente alcune prime idee che devono essere nuovamente ragionate e pensate in comune.
1        Organizzare dei blitz situazionistici, un'azione forte all'interno di diverse istituzioni artistiche italiane, che richiamino l'attenzione dei mass media al fine di presentare loro la grave situazione di disagio che si è venuta a creare. Lo spirito dell'iniziativa deve essere simile a quello che sta mobilitando da mesi il Popolo Viola, ovvero un meccanismo di rottura da mettere in moto.
In questo stesso ambito realizzare anche una mostra qui, a Berlino, sulle tematiche emerse finora, con relativo catalogo esplicativo.
1        Portare avanti un lavoro mentale, sottile, partendo dal basso, dai giovanissimi, attraverso incontri nelle università e nelle accademie (d'arte, di cinema, di teatro etc.). Perché sono loro i primi a dover essere sensibilizzati ad un movimento e ad un cambiamento. Il paragone è quello, evidente, di insegnare ad un bambino a crescere nella vita invece che aiutarlo a sottomettersi ad un potere 'malato'.
2        Da questo incontro ha preso vita un blog che aiuti prima di tutto i partecipanti a rimanere in contatto tra loro per portare avanti i sopraccitati punti e soprattutto che sia una piattaforma attraverso la quale il gruppo di lavoro possa presentare i modelli dei quali fruisce in Germania e che ritiene possano essere esportati in Italia. Una piattaforma di condivisione di idee e di conoscenze alla quale il gruppo invita tutti (italiani e non, residenti in Italia e non) a partecipare attivamente.
http://wirgegen.blogspot.com (letteralmente "noi contro")


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